Kufia, 100 matite per la Palestina | BLOG |

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Kufia | Visual blog for Palestine

A collection of images, artworks and words is opens to every contribute from world wide, collectives and individuals, as supporting tool to "Kufia project - 100 disegnatori per la Palestina" (100 illustrators for Palestine). The goal of these pages is the comparison, the harvest of ideas, projects that are supporting the palestinian struggle for self-determination.

You can add this project publishing your own artworks or words, spreading around the url, telling it to your friends.


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A visual blog for Palestine.
Questa raccolta di immagini e parole, aperta ai contributi di tutti gli utenti, gruppi e sensibilità diffuse, è un supporto al progetto Kufia, 100 disegnatori per la Palestina.
Lo scopo di queste pagine è il confronto, la raccolta di idee, spunti, progetti che sostengano la lotta di autodeterminazione del popolo palestinese.

Potete partecipare al progetto pubblicando le vostre immagini e parole, diffondendo questo url, parlandone con amici e invitandoli a partecipare e sostenere.

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Publish Archive The project Contacts Credits

 Title: LA TUA PRESENZA E' NECESSARIA IN PALESTINA

LA TUA PRESENZA E' NECESSARIA IN PALESTINA

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Name: gianluca costantini
Txt: LA TUA PRESENZA E' NECESSARIA IN PALESTINA.

L' International Solidarity Movement sta urgentemente cercando di far venire

volontari internazionali nei Territori Occupati Palestinesi per stare insieme ai palestinesi contro gli attacchi alla loro esistenza. Poiché il quarto esercito più grande del mondo continua ad usare la sua forza militare

su una popolazione ampiamente disarmata che lotta per la sua libertà ed indipendenza; poiché la comunità internazionale ed i governi formali vengono

continuamente meno ai loro obblighi di proteggere, e trattare come persone protette,il popolo palestinese; poiché la polizia coloniale di Israele continua a spogliare i palestinesi dei loro diritti umani e a negare loro la

dignità umana; poiché serie violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale sono commesse ogni giorno dalle Forze di Occupazione Israeliane; poiché centinaia di carri armati, di truppe armate vagano per le

distrutte strade della Palestina sparando continuamente a civili e infrastrutture civili; poiché i missili continuano a cadere sulla Striscia di Gaza; poiché ai bambini palestinesi è sistematicamente negata l'istruzione e al popolo palestinese è negato il diritto di vivere e condurre un'esistenza; poiché dozzine di case civili continuano ad essere distrutte dal governo e dall'esercito israeliano; poiché l' International Solidarity Movement è stato vittima di crimini di guerra e si aspetta una escalation nei mesi a venire, abbiamo bisogno che tu venga a stare con noi contro l'ingiustizia. Con gli Stati Uniti che preparano una guerra contro l'Iraq, il popolo palestinese teme il peggio in Palestina. Se l'attenzione della comunità internazionale è deviata sull' Iraq, si suppone che il governo israeliano incrementi la sua guerra contro il popolo palestinese, colpendolo brutalmente mentre il mondo non sta guardando. Accademici israeliani hanno perfino avvertito del possibile trasferimento di massa di palestinesi, dovendo gli Stati Uniti attaccare l'Iraq mentre ad Ariel Sharon

sarebbe dato un libero dominio. L' International Solidarity Movement vuole essere sicuro che il mondo stia guardando. Vieni ed unisciti a noi nei Territori occupati Palestinesi e partecipa alla lotta del popolo palestinese

per la libertà, la verità e la giustizia. Oltre a mantenere delle presenze in varie aree ripetutamente attaccate dai coloni e dall'esercito israeliano,

in particolare, Gaza, l'ISM si concentrerà nel supportare contadini e coltivatori resistendo alla costruzione del "Separation Wall" ( Il Muro!) che sta distruggendo ed isolando le loro terre coltivate e che metterà effettivamente in gabbia migliaia di palestinesi. Il nostro appello al mondo

è in corso, ma dato che sappiamo che dicembre è un momento di vacanze, speriamo che ti organizzerai per essere con noi qui in Palestina.

Unisciti a noi 15 dicembre 2002 - 15 gennaio 2002. Per maggiori informazioni

o per registrarti:
www.palsolidarity.org.

Contattaci per telefono al +972-2-277-4602.

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 Title: Minacce di morte a Hebron (Cisgiordania) per due volontarie

Minacce di morte a Hebron (Cisgiordania) per due volontarie

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Name: gianluca costantini
Txt: Alle ore 11 di oggi 27 gennaio 2005 nei pressi dell'insediamento di
Maon, a sud della città di Hebron, in Cisgiordania (Territori
Palestinesi), le volontarie dell'Operazione Colomba, il corpo
nonviolento di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, Monica P.,
italiana e Michelle S., statunitense, sono state minacciate di morte
da un colono proveniente dell'insediamento israeliano di Maon mentre
accompagnavano alcuni pastori palestinesi nei propri campi. I pastori
avevano richiesto di essere accompagnati nei loro campi dai volontari
dell'Operazione Colomba in seguito alle intimidazioni dei giorni
scorsi: oggi non appena il gruppo di pastori e volontari è stato
avvistato, un colono ha raccolto una grossa pietra rincorrendo i
pastori che sono riusciti a fuggire, ha raggiunto le due volontarie,
ha messo il sasso vicino alla viso di una di loro ed ha minacciato
"Torno tra cinque minuti e se vi trovo ancora qui vi ammazzo".
Per le leggi israeliani il territorio in questione (Area C, sotto
amministrazione civile e militare israeliana) è accessibile a tutti,
al momento è presente una unità del'esercito che ha impedito che la
situazione degenerasse, ma la persona che ha minacciato le volontarie
è libera e se ne sta andando: la polizia è stata informata ma non è
intervenuta.

L'Operazione Colomba è presente nelle colline a Sud di Hebron con un
progetto di interposizione nonviolenta in collaborazione con le
associazioni israeliane Ta'ayush e Rabbis for Human Rights.

Per contattare i volontari dell'Operazione Colomba in Israele
+972547382452 Segreteria in Italia 0541751498

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Operazione Colomba - Associazione Comunità Papa Giovanni XIII
www.operazionecolomba.org

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 Title: Gilles Deleuze

Gilles Deleuze

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Name: gianluca costantini
Txt: Giovedì 11 novembre è morto a Parigi Yasser Arafat. Gli ultimi tre anni della sua vita sono trascorsi nell’impossibilità di muoversi dalla Mukhata di Ramallah. La prigionia imposta da Israele, e resa possibile dalla “distrazione” di governi e organizzazioni internazionali, ha aggravato irreparabilmente la sua salute. “Se la vita di Arafat è nelle mani di Dio, occorre aiutare la volontà divina”, avevano dichiarato in più occasioni dirigenti israeliani. Restano finora sconosciute le cause reali della sua morte: nelle due settimane di degenza all’ospedale militare di Percy in Francia non è stata resa nota una diagnosi sulla natura della malattia.
Nel ricordarlo, sentendoci vicini al dolore del suo popolo, e nella speranza che il suo corpo sia seppellito in tempi brevi a Gerusalemme come desiderava, proponiamo il testo che Gilles Deleuze scrisse per la Revue d’études palestiniennes diretta a Beirut da Elias Sanbar.

Gilles Deleuze
Grandezza di Yasser Arafat
(settembre 1983)

La causa palestinese è innanzitutto l’insieme di ingiustizie che questo popolo ha subito e continua a subire. Queste ingiustizie sono gli atti di violenza‚ ma anche la mancanza di logica‚ i ragionamenti viziati e le false garanzie che pretendono di compensarli o di giustificarli. Arafat aveva soltanto una parola per parlare delle promesse non mantenute‚ degli impegni violati al momento dei massacri di Sabra e Shatila: shame, shame.
Si dice che non è un genocidio. E tuttavia c’è una storia che si porta dietro molti Oradour, fin da principio. Il terrorismo sionista non si dirigeva solo contro gli inglesi, ma anche contro villaggi arabi che dovevano scomparire: l’Irgun è stato molto attivo in questo senso (Deir Yassin). Dappertutto si farà come se il popolo palestinese, non solo non dovesse più essere, ma non fosse mai stato.
I conquistatori facevano parte di coloro che avevano subito il più grande genocidio della storia. E di questo genocidio i sionisti avevano fatto un male assoluto. Ma trasformare il più grande genocidio della storia in male assoluto è una visione religiosa e mistica, non è una visione storica. Non ferma il male; lo propaga, invece, lo fa ricadere su altri innocenti, esige una riparazione che fa subire a questi altri una parte di ciò che gli ebrei hanno subito (l’espulsione, la ghettizzazione, la scomparsa come popolo). Con mezzi più “freddi” del genocidio si vuole ottenere lo stesso risultato.
Gli Usa e l’Europa dovevano riparazione agli ebrei. E questa riparazione l’hanno fatta pagare a un popolo, di cui il meno che si possa dire è che non c’entrava affatto, che era stranamente innocente di ogni olocausto e che non ne aveva nemmeno sentito parlare. Ed è qui che comincia il grottesco, come pure la violenza. Il sionismo, e poi lo stato d’Israele esigeranno che i palestinesi li riconoscano di diritto. Ma lui, lo stato d’Israele continuerà a negare il fatto stesso di un popolo palestinese. Non si parlerà mai di palestinesi, ma di arabi di Palestina, come se si trovassero là per caso o per errore. E più tardi si farà come se i palestinesi venissero da fuori, non si parlerà mai della prima guerra di resistenza che hanno fatto tutta da soli. Diventeranno i discendenti di Hitler perché non riconoscono il diritto d’Israele. Ma Israele si riserva il diritto di negare la loro esistenza di fatto. Ed è qui che comincia una finzione che si estenderà sempre di più, pesando su tutti coloro che difendevano la causa palestinese. Questa finzione, questa scommessa di Israele, era quella di far passare per antisemiti tutti coloro che avrebbero contestato le condizioni di fatto e le azioni dello stato sionista. Questa operazione ha origine nella fredda politica di Israele nei confronti dei palestinesi.
Israele non ha mai nascosto il suo obiettivo, fin da principio: fare il vuoto nel territorio palestinese. Anzi, fare come se il territorio palestinese fosse vuoto, destinato da sempre ai sionisti. Era sì colonizzazione, ma non nel senso europeo del XIX secolo: non si trattava di sfruttare gli abitanti del luogo, ma di farli andare via. E quelli che restavano non sarebbero diventati mano d’opera dipendente locale, ma mano d’opera itinerante e separata, come se fossero immigrati, messi in un ghetto. Fin da principio l’acquisto delle terre ha come condizione che siano vuote o che lo possano diventare. È un genocidio, ma un genocidio in cui lo sterminio fisico resta subordinato all'evacuazione geografica: poiché non sono che arabi in generale, i palestinesi sopravvissuti debbono andare a fondersi con gli altri arabi. Lo sterminio fisico, affidato o meno a mercenari, è interamente presente. Ma non è un genocidio, si dice, perché lo sterminio non è “lo scopo finale”: ed effettivamente non è che un mezzo fra gli altri.
La complicità fra gli Stati Uniti e Israele non deriva soltanto dalla potenza di una lobby sionista. Elia Sanbar ha mostrato come gli Stati Uniti ritrovino in Israele un elemento della loro storia: lo sterminio degli indiani, che anche in quel caso fu fisico solo parzialmente. Bisognava fare il vuoto, bisognava fare come se gli indiani non ci fossero mai stati, tranne che nei ghetti che ne fanno degli immigrati dall’interno. Per molti aspetti i palestinesi sono i nuovi indiani, gli indiani di Israele. L’analisi marxista indica i due movimenti complementari del capitalismo: imporsi continuamente dei limiti, all’interno dei quali organizzare e sfruttare il proprio sistema: spingere sempre più in là questi limiti, oltrepassarli per ricominciare su scala più larga e più intensa la propria fondazione. Respingere i limiti era l’atto del capitalismo americano, del sogno della Grande Israele in terra araba, sulle spalle degli arabi.
Come il popolo palestinese abbia saputo resistere e resista. Come da popolo tribale sia diventata una nazione armata. Come si sia dato un organismo che non si limita semplicemente a rappresentarlo, ma l’incarna fuori dal territorio e senza stato: gli ci voleva un grande personaggio storico che, in un’ottica occidentale, si direbbe quasi uscito da Shakespeare, e fu Arafat. Non era la prima volta nella storia (i francesi pensino a France libre, con la piccola differenza che essa aveva all’inizio una minore base popolare). E neppure è la prima volta nella storia che tutte le occasioni in cui era possibile una soluzione o un elemento di soluzione siano state deliberatamente, consapevolmente distrutte dagli israeliani. Si chiudevano nella loro posizione religiosa per negare, non soltanto il diritto, ma il fatto palestinese. Si lavavano del proprio terrorismo trattando i palestinesi come terroristi venuti da fuori. E i palestinesi proprio perché non lo erano, ma erano un popolo specifico, tanto diverso dagli altri arabi quanto gli europei lo sono tra di loro, non potevano aspettarsi dagli stati arabi che un aiuto ambiguo che poteva talvolta trasformarsi in ostilità e sterminio, quando il modello palestinese diventava pericoloso. I palestinesi hanno percorso tutti i gironi infernali della storia: il fallimento delle soluzioni, ogni volta che erano possibili, i peggiori rovesciamenti di alleanze di cui pagavano le spese, le promesse più solenni non mantenute. E di tutto questo la loro resistenza ha dovuto nutrirsi.
È possibile che uno degli scopi dei massacri di Sabra e Shatila sia stato quello di screditare Arafat. Aveva acconsentito alla partenza dei fedayin, la cui forza restava intatta, solo a condizione che la sicurezza delle loro famiglie fosse interamente garantita dagli Stati Uniti e anche da Israele. Dopo i massacri, non c’era altra parola che “shame”. Se la crisi che ne è seguita per l’Olp avesse come risultato, a più o meno lungo termine, un’integrazione in uno stato arabo o una dissoluzione nell’integralismo islamico, allora si potrebbe dire che il popolo palestinese è effettivamente scomparso. Ma in tal caso il mondo, gli Stati Uniti e anche Israele non finirebbero di rimpiangere le occasioni perdute, ivi comprese quelle che oggi restano ancora possibili. All’orgogliosa espressione di Israele: “Noi non siamo un popolo come gli altri” ha sempre risposto quel grido palestinese, cui si richiamava il primo numero della Revue d’études palestiniennes: noi siamo un popolo come gli altri, vogliamo essere solo questo…
Con la guerra terrorista in Libano Israele ha creduto di sopprimere l’Olp e di sottrarre così al popolo palestinese, già privato della sua terra, il suo sostegno. E forse ci è riuscito, perché nella Tripoli accerchiata non c’è più che la presenza fisica di Arafat tra i suoi, tutti in una sorta di grandezza solitaria. Ma il popolo palestinese non perderà la sua identità senza suscitare al suo posto un duplice terrorismo, di stato e di religione, che approfitterà della sua scomparsa e renderà impossibile ogni regolamento pacifico con Israele. Dalla guerra del Libano Israele uscirà non soltanto moralmente diviso, economicamente disorganizzato, ma si troverà di fronte l’immagine rovesciata della propria intolleranza. Una soluzione politica, un regolamento pacifico non sono possibili che con un’Olp indipendente, che non sia né scomparsa in uno stato già esistente né perduta nei vari movimenti islamici. Una scomparsa dell’Olp sarebbe solo la vittoria delle cieche forze della guerra, indifferenti alla sopravvivenza del popolo palestinese.

Edizione italiana: Gilles Deleuze Grandezza di Yasser Arafat, con un saggio di François Châtelet, Cronopio, Napoli aprile 2002.

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 Title: Yasser Arafat

Yasser Arafat

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Name: gianluca costantini
Txt: Yasser Arafat was buried on friday in chaotic scenes of gunfire at the compund where he spent his final years encircled by the Israeli army and powerless to realize his dream of a Palestinian state. It was the end of am era for Israelis and Plaestinians locked for decades in a conflict of which Arafat was one the most recognized symbols, and stired hopes for reviving middle east peacemaking for the first time in years.

12 nov. 2004

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 Title: Hosanna Israel, Psalm of joy

Hosanna Israel, Psalm of joy

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Name: gianluca costantini
Txt: At last it is here -hosanna!- the Promised land,
the birthplace of blood, gained through life.
Israel of weeping, Israel of sorrows.
Paradise gained,. free and at last unchained.
Valley of victory, mountain of triumph, heights
conquered in the night of so much misfortune.
The uplands of rest, honeycomb of the heart,
tissue for the long lasting laments of Zion.
Hear, Israel, listen:
Today wipes his eyes a poet exiled from Spain.
From his voice he banishes the black crêpes
and from his bitter wells the cry of war.
From his deepest night and from his harsh harps' chords
he brings a psalm of joy to daylight.
Blessed Israel at the top of your voice:
to the sound of your soul, to the sound of a true tongue.
Blessed Israel at your fullest warmth:
to the sound of the strings,
to the sounds of the mouths of the wind.
In the closed night, open to melody.
Joy! Joy! Joy! Joy!

Rafael Alberti

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